Anche in laboratorio, prima o poi, faremo i conti con questo nuovo modo di intendere il lavoro.
*di Rea Gente
Probabilmente siamo più preparati di altri settori, in fondo le evoluzioni tecnologiche ci hanno sempre accompagnato e, perché no, stimolato. Se ci voltiamo indietro ed osserviamo quanto è successo negli ultimi vent’anni ci rendiamo conto che l’impatto delle soluzioni informatiche in laboratorio è stato enorme. L’elaborazione, l’interpretazione del dato analitico, la sua gestione ed archiviazione sono ormai banali routine anche nelle strutture più modeste. Vero è che l’Intelligenza Artificiale è un’altra cosa e ha presupposti ben più profondi ma la strada sembra segnata.
Forse il cambiamento più grande, soprattutto nel mondo industriale, è stato lo spostamento fisico del luogo dove molte analisi sono effettuate: molto più spesso sono le linee produttive i punti in cui le determinazioni, anche di una certa complessità, sono effettuate. Quindi campionamenti automatici, determinazioni in continuo, analitiche o predittive, con una importante elaborazione statistica dei “big data” come li chiamiamo ora, sono state spostate dove è importante la raccolta del dato.
Obiettivi?
Sempre i soliti: velocità di acquisizione, ridotte manipolazioni del campione, mantenimento degli standard qualitativi, anticipazione di anomalie, diminuzione di sprechi e costi.
Il nostro bel dato, analitico o predittivo che sia, in realtà è solo uno strumento per prendere le decisioni corrette per cui poco interessa il luogo dove è stato generato ed, in alcuni casi, anche il come. L’importante è possederlo velocemente, con gradi di accuratezza e precisione noti, per agire o reagire di conseguenza; ma la decisione finale spetta ancora ad una intelligenza umana.
La poesia in laboratorio
Qualche anno fa sono stato coinvolto nella realizzazione di un laboratorio presso una casa vinicola che si stava rapidamente affermando. Ottimi terreni, zona a forte vocazione, un enologo capace, due bravi commerciali e un imprenditore lungimirante. Visti i costi sostenuti nell’affidare ai laboratori esterni le analisi l’imprenditore decise di realizzare un proprio laboratorio completo e ben attrezzato. Durante la trattativa, che da buon viticoltore fu improntata nella direzione della massima spremitura del malcapitato fornitore, notai che l’argomento del nuovo laboratorio era vissuto con una certa riluttanza, se non con vero e proprio fastidio, nonostante il confronto economico dicesse il contrario.
Quando chiesi il perché di questo atteggiamento negativo la risposta fu: “Dopo tanti anni di questo lavoro ieri, mentre passeggiavo tra i vigneti, ho capito che in realtà io non produco e imbottiglio vino: io vendo poesia. E la poesia in laboratorio non ci può entrare”
Probabilmente in futuro un nuovo algoritmo ci smentirà fino ad allora leggiamo le etichette e godiamo della poesia.