Il mercato dei piatti pronti fornisce la misura di cambiamenti sociali e nelle abitudini di consumo delle persone e in questo senso abbiamo visto alternarsi diverse tendenze: le monoporzioni per i single o per chi consuma pasti veloci sul posto di lavoro, i formati famiglia surgelati o liofilizzati per le famiglie in cui entrambi i membri della coppia lavorano a tempo pieno e hanno meno tempo a disposizione oppure ancora i piatti vegetariani o vegani.
“Ci sono due trend che in questo momento risultano per noi di MH molto più interessanti perché richiedono un più significativo adeguamento tecnologico sia in fase di produzione che successivamente in tutta la supply chain: la ricerca di ricette più elaborate e di maggiore qualità, possibilmente fresche e alla spinta green che porta a ripensare radicalmente il packaging“, ci hanno spiegato da MH, azienda Italiana specializzata nella movimentazione e logistica di stabilimento.
Il primo elemento da analizzare è il tipo di confezione: l’esigenza di mettere sullo scaffale un prodotto fresco e non surgelato, che pertanto andrebbe confezionato in atmosfera modificata, si sconta con il fatto che i materiali di imballo adatti a questo tipo di confezionamento non possono essere biodegradabili o compostabili (quantomeno allo stato attuale), mentre qualche compromesso si può ottenere con il sottovuoto. Che si scelgano i materiali compostabili o che si rimanga sulla plastica, purché riciclabile, con la spinta alla massima riduzione nella quantità di materiale utilizzato, il risultato dal punto di vista del produttore di macchine di processo o confezionamento è lo stesso: ci si troverà a dover trattare dei prodotti più delicati, fragili o quantomeno molto deformabili che introducono pertanto alcune complicazioni.
Dal punto di vista delle macchine di confezionamento si potrebbe ridurre la capacità produttiva se non addirittura rendersi necessaria una nuova macchina, dal punto di vista dei nastri di collegamento si riduce, se non addirittura scompare, la possibilità di accumulo dei prodotti. Una prima soluzione può essere quella di suddividere la produzione richiesta su un maggior numero di macchine più lente. Scenderà anche la velocità lineare dei nastri trasportatori a tutto vantaggio di meccanica meno stressata.
Se per le linee di processo e per i forni aumentare il numero di file non è un problema significativo in quanto già prevedono questa modalità di funzionamento, per le sigillatrici e per le macchine di confezionamento secondario le cose potrebbero essere un po’ più complicate. Riducendosi la possibilità di accumulo diventa critica la gestione delle microfermate per incastri o per alimentazione del magazzino imballi (bobine o cartone che sia). Anche la durata delle fermate potrebbe aumentare, visto che a imballi più leggeri può corrispondere un ciclo di pulizia o lavaggio più lungo. Anche qui la soluzione esiste e può aiutare a bilanciare le differenze tra i flussi di produzione delle diverse macchine presenti in linea.
“Inserire un sistema di polmonatura, rigorosamente senza pressione, è la risposta giusta. La scelta sulla modalità di funzionamento LIFO o FIFO dipende unicamente dal prodotto, se ha o meno la necessità di mantenere il ciclo del freddo. Nel primo caso l’ideale è BAT-Buffer, qui in versione con struttura in acciaio inox, dove invece serva la tracciabilità andremo a integrare l’Accuveyor AVh di Ambaflex.
Una menzione conclusiva sui sistemi di raffreddamento quale può essere l’Heliflex o refrigerazione: dal punto di vista meccanico questi dispositivi non subiscono impatti particolari nell’utilizzo con le nuove confezioni, ma lo scambio termico e quindi il tempo ciclo potrebbe subire dei cambiamenti, è buona norma effettuare una verifica in questo senso“.