È stato pubblicato il rapporto tecnico UNI TR 11662 che definisce gli standard qualitativi necessari per un corretto processo di ricondizionamento dei dispositivi medici. Particolare attenzione va riservata agli endoscopi, dichiarano gli esperti
Pulizia, disinfezione e sterilizzazione prima del riutilizzo di strumentazioni di indagine diagnostica: sono questi i tre capisaldi ‘igienici’ in grado di garantire sicurezza al device, privandolo di qualsiasi rischio di contaminazione, e al paziente protetto dalla possibile diffusione e proliferazione di agenti patogeni, talvolta anche con potenzialità letali, associate nella maggior parte dei casi a procedure di ‘reprocessing’ e ricondizionamento non sufficientemente accurate o scorrette.
Le buone norme di preservazione e pulizia degli strumentari sono contenute nel rapporto tecnico UNI TR 11662 (ANOTE/ANIGEA), un documento – ovvero le linee guida dedicate in particolare agli operatori del settore – che fa seguito all’emanazione della Legge 8 marzo 2017 n. 24, riguardante le “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Il rapporto affronta tematiche a largo raggio che spaziano dal rischio clinico legato al reprocessing fino alla responsabilità medico-legale dell’operatore sanitario.
Il problema della disinfezione e sterilizzazione in ambito clinico è di fondamentale importanza in qualsiasi contesto e su qualsiasi strumento, ma diviene ancora più delicato e rilevante in caso di dispositivi medici particolarmente sofisticati, come gli endoscopi, trattandosi di strumenti complessi, formati da lumi lunghi e stretti con meccanismi di controllo avanzati, dunque più difficili da pulire e disinfettare in vista dell’uso successivo.
Pubblicato a dicembre 2016, il rapporto tecnico UNI TR 11662 intende unificare le procedure operative del processo di ricondizionamento degli endoscopi termolabili con particolare attenzione alle specifiche fasi sequenziali, in funzione di una qualità e sicurezza dello strumento più elevate e della riduzione/azzeramento dei rischi per il paziente, le quali prevedono verifiche e controlli dell’operatore. Tra le operazioni più importanti vi è la tracciabilità, uno dei principali requisiti richiesti dal processo di verifica, che permette di documentare e ‘seguire’ la corretta applicazione e esecuzione di tutte le procedure, di monitorare che il personale sia stato adeguatamente formato e che i processi automatici abbiano avuto un esito conforme a quanto previsto. Data la complessità delle procedure, il rapporto tecnico UNI TR 11662 suggerisce di ricorrere a sistemi informatici, piuttosto che manuali.
“Il rapporto tecnico”, precisa Cinzia Rivara, presidente Anote Anigea, Associazione Nazionale degli Infermieri Operatori Tecniche Endoscopiche, “affronta una serie di punti fondamentali che vanno dalla pre-detersione alla prova di tenuta dell’endoscopio. Uno dei punti più critici è il lavaggio manuale ed è fondamentale la tracciabilità di tutto il percorso fino allo stoccaggio e al rilascio. Tutti questi aspetti rappresentano una parte importante per l’accreditamento delle endoscopie, promosso da Società Italiana di Endoscopia Digestiva (S.I.E.D.) e Anote/Anigea, in collaborazione con l’ente indipendente di certificazione Kiwa Cermet Italia, che ha l’obiettivo di creare standard di qualità cui i centri di endoscopia possono fare riferimento nella logica dell’erogazione di una assistenza di tecnico-professionale di qualità elevata, nonché dell’efficienza dei processi organizzativi e gestionali”. Lo scopo è infatti migliorare, elevando il livello di qualità dei servizi offerti al cittadino, cui assicurare la possibilità di eseguire gli esami endoscopici in punti di eccellenza.